Se me va de los dedos la caricia sin causa, me va de los dedos… En el viento, al pasar, la caricia que vaga sin destino ni objeto, la caricia perdida ¿quién la recogerá?
Pude amar esta noche con piedad infinita, pude amar al primero que acertara a llegar. Nadie llega. Están solos los floridos senderos. La caricia perdida, rodará… rodará…
Si en los ojos te besan esta noche, viajero, si estremece las ramas un dulce suspirar, si te oprime los dedos una mano pequeña que te toma y te deja, que te logra y se va.
Si no ves esa mano, ni esa boca que besa, si es el aire quien teje la ilusión de besar, oh, viajero, que tienes como el cielo los ojos, en el viento fundida, ¿me reconocerás?
Cortázar è stato un grande scrittore argentino nei generi del fantastico, del mistero e della metafisica. Stimato da Borges, spesso paragonato a Cechov o Edgar Allan Poe. Nasce il 26 agosto 1914 a Bruxelles, da genitori argentini.
I suoi racconti hanno la particolare caratteristica di non seguire sempre una linearità temporale; i suoi personaggi inoltre esprimono spesso un’analisi psicologica profonda.
Scrive il suo primo romanzo alla tenera età di nove anni. Il giovane Cortázar legge di nascosto le opere di Edgar Allan Poe e inizia a suonare il piano; aggiungerà più tardi lo studio della tromba e del sax, appassionandosi col tempo alla musica jazz.
Del web
Nel 1938 scrive “Presencia” prima raccolta di poesie, con lo pseudonimo di Julio Denis. Nei primi anni ’40 pubblica articoli critici e saggi su vari autori come Rimbaud o Keats.
Dopo qualche esperienza come traduttore, dal 1952 inizia a lavorare come traduttore indipendente per l’Unesco. Sposa Aurora Bernandez nel 1953; inizia poi a tradurre tutti i racconti e gran parte dei saggi di Edgar Allan Poe.
La sua vita passata tra Francia e Argentina trova frutti maturi nel suo capolavoro “Rayuela, il gioco del mondo“, antiromanzo (il titolo avrebbe originariamente dovuto essere “Mandala”) in cui l’esperienza parigina e argentina si affiancano in un puzzle in cui appaiono l’una l’esatto complementare dell’altra. Il libro è composto da oltre 300 paragrafi che devono essere letti nell’ordine specificato dall’autore all’inizio del romanzo, oppure in ordine di comparizione.
Questa scelta soggettiva laciata al lettore segna il punto di maggior originalità del romanzo. Al di là di questa caratteristica l’opera narra di momenti di vita quotidiana intrecciati e caratterizzati da un’analisi filosofica della vita.
Julio Cortázar si spegne a Parigi il 12 febbraio 1984.
E’ sepolto nel Cimitero di Montparnasse.
Tra le sue opere ricordiamo:
– Presenza (poesie, 1938) – I re (dramma sul tema del minotauro) (1949) – Bestiario (1951) – Le armi segrete (1959) – Historia de cronopios y de famas (1962) – Rayuela, il gioco del mondo (1963) – Il giro del giorno in ottanta mondi (1967) – Il persecutore (1967) – 62, modello per amare (1968) – Libro di Manuel (1973) – Ottaedro (1974) – Fantomas contro i vampiri multinazionali (fumetto, 1975) – Amiamo tanto Glenda (1980) – L’esame (romanzo pubblicato postumo nel 1986) – Divertimento (romanzo pubblicato postumo nel 1986)
Aromi a passato, strade vetuste Riportano a vestiti nuovi Lampioni di nuovo lustro illuminano Calli ancestrali. L’autunno da queste parti inizia a punzzecchiare Con quelll’arieta tipica di ventura stagione Sole ingannevole, finge state, ma non l’ho è. Sotto un vecchio algarrobo giaccio a pensare Mentre brezza fredda strappa l’ultimo gelsomino in fior.
Gocce salate è aroma a tabacco Fanno strana copia Qualche candela riscalda l’aria.
Miscele imbroglione, sanno a te Miscuglio di sapori, sovente aspri Devi sapere dell’insieme Per renderlo più delicato.
Parole mai dette e un silenzio complice Sguardi bastano a coprire la mancanza Il vento fuori, tiepido, ma non abbastanza Per riscaldare cuor tuo.
I ciliegi hanno sbocciato i suoi colori Le lavande nel cassetto pronte ad essere sostituite, portare un pò d’aromi e azzurro in una stanza, non è mai troppo.
Il vento porta con se tempi vissuti, rimembranze, passato, e ci lascia il nuovo fresco, l’oggi, la promessa d’un domani migliore.
Chi lo sa? Terre dimenticate, profumo di algarrobo e peperina…
Da dove proviene la parola CHE nella lingua spagnola?
Talvolta l’origine delle parole è abbastanza confuso. Nel caso della parola CHE tra tante altre, è molto usata in particolar modo in Uruguay e Argentina secondo Pedro Luis Barcia ( ex presidente della Academia argentina delle Lettere).
Sebene sentiamo la parola è l’associamo molto speso ad un personaggio in particolare, esiste la certezza che è molto più antica del famoso rivoluzionario “Che Guevara”.
CHE, VOS!
La parola “che”, si usa per chiamare l’attenzione oppure per riferirsi verso cualquno. EHI, TU! SENTI!
Secondo La Real Academia Española, c’è un’altro tipo di “che” ed è quello che sta per “stupore o sorpresa”: ” que calor, che!” ( che caldo! aggiungendo il nominativo, ovvero verso qualcuno), oppure interiezione. Da questo deriva il fatto di due modi d’uso, punto di conflitto scatenato tra linguistici da sempre, per determinare il suo origine.
La teoria valenciana ( Spagna)
Il venezuelano Ángel Rosenblat (1902-1984) fu uno dei linguistici che respaldó detta teoria. Si dice che l’origine di che proviene dall’interiezione dalla lingua valenciana, per chiamare l’attenzione: “cé” che accentuata darebbe un suono somigliante a che. La maggior parte di studiosi non approvano quest’idea.
L’ipotesi mapuche
Altri linguistici, come il tedesco naturalizzato cileno, Rodolfo Lenz (1863-1938), ipotizarono che questa parola abbia origine nell’Araucano, lingua parlata degli aborigeni Mapuche localizzati all’epoca in parte di Cile e Argentina. In questa lingua “Che” significa “gente”, “mapu che”, gente de la tierra. Comunque, neanche quest’ipotesi sembra essere molto convincente. (Virginia Bertolotti, profesora de la Universidad de la República de Uruguay y autora de “Notas sobre el che”.
Il popolo oggi conosciuto come mapuche è l’unione di vari gruppi nativi del Centro-Sud degli attuali Cile e Argentina. La sua storia è strettamente legata a quella di questi territori. Il nome deriva da che, “gente”, e mapu, “terra”, ossia “gente della terra”
L’origine Guaraní
Secondo lo slovacco, José Pedro Rona (1923-1974), stimò il suo origine nel Guaraní: ‘che‘, che significa mio: “che irú”, il mio compagno. In Guaraní, che, sì è un pronome posesivo. Tant’è vero che qualcosa o qualcuno può passare linguisticamente a vocativo. In contesti di possessivi come:
Sembrerebbe che i Guaraní abbiano avuto una certa influenza linguistica nelle guerre per l’indipendenza nella regione, in tanti, gli aborigeni furono arruolati. Quando un soldato spagnolo si rivolgeva ad un suo superiore diceva:“mi coronel, mi capitán, mi sargento” , mentre i Guaraní, dicevano: ” che coronel, che capitán, che sargento”
Libro di DON QUIJOTE DE LA MANCHA tradotto al guaranì.
Conclusione
E’ pur certo che possiede una etimologia molto incerta, com’è vero anche, afferma Santiago Kalinowski, director del Departamento de Investigaciones Lingüísticas y Filológicas de la Academia Argentina de Letras, che possiede un origine molto antico.