Phillis, chiamata con questo nome, lo stesso della nave che la porta, e Wheatley, si chiamava il mercante che la acquistò.
A Boston, i trafficanti di schiavi la mettono in vendita: – ¡Ha sette anni! ¡Sarà una buona giumenta!
È palpeggiata per tante mani; nuda.
Con i sui precari tredici anni, scrive già poemi in una lingua che non le appartiene. Nessuno crede che lei sia l’autrice.
Alla età di venti anni, Phillis è interpellata per un tribunale formato da diciotto Cavallieri in toga e parruca.
Costretta a recitare testi di Virgilio e John Milton e qualche passaggio biblico; è pure messa sotto giuramento che i poemi scritti da lei non erano plagiati.
Da una sedia, fa un estenuante esame; fino a quando il tribunale cede; era donna, era nera, era una schiava, ma era una poetessa.
Nella disgrazia di essere stata considerata una schiava e come tale, venduta, ebbe la fortuna di trovarsi in una famiglia che la accolse come nutrice dei piccoli della casa e lavori domestici; ben presto, avvicinandosi alla fede ( impostata) dalla famiglia, iniziò a scrivere su tematiche religiose alla quale non solo non opuso resistenza ma accolse come una benedizione. Escritura che mai le fu negata da loro, fu accompagnata da uno dei figli del padrone fino a Londra, dove un’editorialista senza pregiudizi, pubblicò una delle sue opere letterarie.

Phillis Wheatley fu la prima scrittrice afroamericana a pubblicare un libro negli Stati Uniti.
Gli argomenti che maggiormente la occupavano, era la moralità, la libertà e la pietà.
Nata l’8 maggio, 1753 nel Africa occidentale ( forse in Senegal).
Si spegne il 5 dicembre, 1784.
Tua.
3 agosto, 2022.
Siamo tutti Wheatley, almeno per un attimo.
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Sì, è vero!
Poi devo togliermi un sasso dai piedi riguardo al tuo modo di scrivere…🤔😉😉😉
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Ops😄🥂
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Sè ne avrai voglia certamente
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